martedì 31 maggio 2011

Lo stile di transizione in Toscana (1g)

(Garrison, Studies I, p. 172)

I manoscritti considerati formano un gruppo abbastanza omogeneo, che può essere localizzato, sulla base di vari indici, nella regione fiorentina. Il numero di codici di transizione non fiorentini riconosciuti non è ampio, come è stato detto.
Meritano di essere menzionati due codici lucchesi:
1. Lucca, Biblioteca Capitolare, cod. 2, Pt. 2, codice atlantico che contiene alcuni libri della Bibbia; è suddiviso in due parti distinte da un cambiamento nello stile delle illustrazioni e delle iniziali. La parte I contiene illustrazioni e iniziali tipiche di Lucca nel secondo quarto del secolo, e databili tra il 1135 e il 1145. La seconda parte contiene molte iniziali nello stile di transizione, in cui il riempimento delle barre a nodo allungato è predominante nella sua versione romana piuttosto che in quella fiorentina. Le illustrazioni di questa parte del codice sono certamente lucchesi, probabilmente prodotte nel monastero di S. Pietro di Pozzeveri, localizzato ad est della città. Anche le iniziali possono essere attribuite a Lucca: devono essere state eseguite poco dopo quelle della parte I, cioè poco dopo la metà del secolo.
2. Firenze, Biblioteca Laurenziana, Fesul. 79, Commentario ai Salmi. Il codice è attribuibile a Lucca grazie sia alla scrittura - il caratteristico tipo sottile della città nella forma più tarda - che alle illustrazioni. Una provenienza da qualche chiesa lucchese o monastero è confermata dall’aggiunta - ancora nel secolo XII - della Passione di S. Agnello, un santo venerato entro la Toscana solo a Lucca. Le iniziali geometriche sono ancora classificabili come di transizione, ma sconfinano nel late geometrical. Da notare gli intrecci interni alle barre, espediente originario di Roma ma diffuso enormemente a Firenze. Queste iniziali non possono essere state prodotte prima della metà del secolo.
  

Lo stile di transizione in Toscana (1f)

(Garrison, Studies I, pp. 168-172)

Difficile da datare precisamente a causa della deviazione dalle norme fiorentine, anche se è certamente di produzione fiorentina, è un Passionario atlantico non illustrato della Cattedrale di Firenze, ora Edili 139 della Biblioteca Laurenziana. Che sia stato prodotto per l’uso toscano è suggerito dalla celebrazione di S. Miniato; che sia stato prodotto per Firenze è confermato dalla più restrittiva celebrazione di s. Zenobio, come anche dalla confusione, tipicamente fiorentina, tra s. Gaudenzio di Fiesole (26 novembre) e s. Gaudenzio vescovo di Novara (22 gennaio).
La scrittura appartiene al tipo middle geometrical, e della particolare versione fiorentina che mantiene molti aspetti della carolina. Tuttavia è più pesante nel ductus rispetto a quelle finora incontrate; inoltre la s tonda compare più frequentemente di prima, con la stessa proporzione alla fine della riga e all’interno della riga a fine parola. Queste caratteristiche vanno contro una datazione troppo antica: sarebbe probabilmente normale assegnarla al pieno quarto o anche verso la fine.
Il Passionario è diviso in due parti: una stessa mano ha però copiato entrambe le parti, così che si può concludere che siano state scritte in continuità. Ma è un cambiamento dello stile delle iniziale che marca la suddivisione: le iniziali più rilevanti sono confinate nei primi 12 fascicoli (che terminano al f. 95v). A cominciare dal f. 96 e fino alla fine del volume, si osserva uno stile di tipo antico di iniziali tracciate con tocchi di rosso, giallo e verde ripreso certamente da manoscritti pre-carolingi. Tutte le iniziali nella prima parte sono di transizione, senza sopravvivenze early geometrical: sono di un tipo molto particolare, che non trova un corrispettivo in alcuno dei codici conosciuti. La maggior parte sono molto piccole, il disegno particolarmente nervoso, il fogliame degli interstizi originale. Anche i colori sono eccezionali, il blu medio pallido degli sfondi, il marrone chiaro dei racemi, ripetuto in altri punti a dominare lo schema accanto ad un verde chiaro. Spicca per la sua assenza il rosso.
L’influenza middle geometrical romana è evidente, specialmente nelle terminazioni a foglie come quelle della Q  al f. 95. Il motivo del leone rampante alla base di una lettera, come nella P del f. 94v, potrebbe, come è stato suggerito, derivare da Roma, anche se è stato adattato poi a Firenze. Ma il fiorentinismo è tuttavia pieno nella ricorrenza ripetuta della rosetta fiorentina, e nella presenza dello speciale motivo a foglia delle Tavole dei Canoni della Bibbia di S. Maria del Fiore, come nella P del f. 3. Il miniatore di questa parte del Passionario era altamente specializzato; anche se era al corrente di altri manoscritti fiorentini di transizione, sviluppò uno stile personale di grande raffinatezza. Questo Passionario si può assegnare ragionevolmente nel pieno quarto di secolo, cioè tra il 1130 e il 1145.
Con due Passionari strettamente legati l’un l’altro nello stile delle iniziali e probabilmente prodotti nello stesso scriptorium, ritorniamo al decorso principale dello sviluppo: entrambi rappresentano una logica evoluzione da ciò che è accaduto precedentemente a Firenze.
Il primo Passionario è un codice atlantico non illustrato, proveniente dal monastero di S. Francesco in Agro Mugellano, ora alla Biblioteca Laurenziana come Mugel. 13. Contiene una nota del XV secolo che racconta che si trovava nella pieve di Castelfiorentino e che fu donato al monastero da Cosimo e Lorenzo De’ Medici nel 1438. La sua destinazione per l’uso fiorentino è provata dal suo programma agiologico, che celebra non solo s. Cerbone e s. Miniato, indicatori della Toscana in generale, ma anche s. Zenobio (25 maggio), indicatore di Firenze. Le iniziali sono fiorentine; è stato quasi certamente prodotto nella regione fiorentina, ma è impossibile identificare lo scriptorium.
La scrittura è di diverse mani. Una mano almeno impiega un tipo di scrittura che si avvicina alla transizione, ma gran parte delle altre utilizza il tipo middle geometrical un poco avanzato, il ductus che tende alla pesantezza e la s tonda estremamente frequente a fine riga, abbastanza frequente anche a fine parola. La scrittura più avanzata non è comunque anteriore al quarto di secolo.
Vi sono iniziali sia geometriche che a barra piena. Le prime sono interamente di transizione, spogliate di ogni traccia di stile early geometrical. Mostrano forti punti di contatto con lo stile middle geometrical di Roma nella vivace tecnica del riempimento delle barre in generale, ma specialmente nell’utilizzo reiterato del disegno dentellato, nelle terminazioni a foglie stilizzate e nei motivi base. Le barre piene, che presentano barre composte sia da filetti rosso e giallo sia da un unico filetto giallo, possono essere citate come esempi di influenza romana, poiché in entrambi i tipi le barre si spezzano spesso in un piccolo intreccio alla fine, in una maniera tipica delle iniziali a barra piena che accompagna quelle middle geometrical romane. Il fiorentinismo è tuttavia pieno nella costante ricorrenza della rosetta fiorentina, come anche negli intrecci dei filetti delle barre; inoltre è evidente nella presenza di iniziali a barra vuota riempite con rosso sfumato o tocchi di verde, come nelle P del f. 87 e del f. 105, che somigliano alle iniziali di Canterbury, già incontrate nel s. Agostino (Mugel. 5) e che si ritroverà nel secondo Passionario.
Speciali relazioni con l’altro Passionario si trovano nel tipo di foglie usate nel fogliame degli interstizi, con i bordi finemente dentellati, e soprattutto nei nudi decorativi con cui il fogliame è spesso arricchito. Questi nudi sono disegnati e colorati in un modo particolare, utilizzando tocchi di arancio rosato come unico espediente plastico; è possibile che lo stesso miniatore abbia lavorato su entrambi i manoscritti, perché questi nudi sono un incontrovertibile punto di contatto tra i due codici.
Infine è da notare che anticipazioni dello stile late geometrical si possono ravvisare in questo codice, nell’uso frequente degli sfondi squadrati, e nella tendenza qua e là, come nella A di f. 66, verso la tecnica lineare che lascia una grande quantità di pergamena visibile. Questi punti, assieme al carattere avanzato di alcune scritture, suggeriscono una datazione tarda nel quarto di secolo come più plausibile.
Il secondo Passionario è un codice atlantico illustrato di provenienza sconosciuta ora alla Biblioteca Laurenziana, Plut. 20.1. Che sia stato prodotto per l’uso fiorentino è provato dal programma dei santi: non solo s. Miniato viene celebrato, indice di destinazione toscana, ma anche s. Zenobio e s. Romolo, indicativi di Firenze, e la confusione fiorentina tra i due s. Gaudenzio, già incontrata altrove, è di nuovo presente.
La scrittura di questo Passionario è del tipo middle geometrical, nella sua particolare versione fiorentina. Le s tonde superano le s diritte a fine riga, ma solo di poco, e sono rare a fine parola. Ma il ductus è perfino più pesante di quello del Mugellano 13: è opportuno ritenere la scrittura contemporanea all’ultimo manoscritto middle geometrical di Roma, che della metà del secolo.
Sia le iniziali geometriche che a barra piena sono di nuovo presenti. Le prime, come nel primo Passionario, sono tutte di transizione senza sopravvivenze dei motivi early geometrical. Tuttavia mostrano una minore influenza romana, il loro fiorentinismo è meglio integrato e più pervasivo. Il riempimento delle barre a nodo allungato ricorre frequentemente nella particolare varietà fiorentina, e la rosetta fiorentina è meno frequente ma ricorre in poche iniziali, ad esempio nelle due I dei ff. 94v e 134v. Fiorentinismi risiedono anche negli intrecci all’interno delle barre di molte iniziali, come la I del f. 94v e la P del f. 108, così come nel gioco a barra vuota per il quale è stata suggerita una estrazione inglese tarda, ad es. la L del f. 103.
I riempimenti degli interstizi sono come già detto molto simili a quelli dell’altro Passionario, e sono frequentemente ravvivati con gli stessi nudi decorativi. Si è anche suggerito che lo stesso miniatore abbia lavorato ad entrambi i manoscritti: ma se vi siano elemnti sufficienti per ascrivere entrambi i codici allo stesso scriptorium è fatto ancora non esente da dubbi.
Per la datazione, il codice deve essere stato prodotto intorno alla metà del secolo, o poco più tardi.
Infine, un codice meno importante può essere attribuito, sulla base della scrittura, delle iniziali e della sola illustrazione, alla regione fiorentina e datato alla fine del secondo quarto o all’inizio del terzo quarto del secolo: un codice proveniente dal monastero di S. Marco a Firenze, ora alla Biblioteca Laurenziana come S. Marco 588. Contiene il commentario al vangelo di Matteo di s. Girolamo e il commentario al vangelo di Luca di s. Ambrogio. La scrittura è in parte di transizione, in parte middle geometrical, alcune mani particolarmente pesanti. Ci sono solo due iniziali, una P al f. 1v, illustrata, e una L al f. 2v. La P è di stile geometrico di transizione con accenni al late geometrical nel disegno della rosetta come riempimento della barra, nella quantità di pergamena libera, mentre la L contiene un particolare disegno della foglia simile ma non identico ad uno delle Tavole dei Canoni nella Bibbia di S. Maria del Fiore, citata in relazione alle iniziali di transizione. Lo stile dell’illustrazione è stato messo in relazione alla scuola fiorentina che fiorì primariamente nel terzo quarto del secolo.    

Lo stile di transizione in Toscana (1e)

(Garrison, Studies I, pp. 166-168)

Tre codici atlantici della collezione Sessoriana nella Biblioteca Nazionale di Roma (da S. Croce in Gerusalemme), Sessor. 3, 5, 6, mostrano alcuni punti di somiglianza nella scrittura e nelle iniziali che potrebbero indicare che sono stati prodotti nello stesso scriptorium. Che questo scriptorium è fiorentino è assicurato dallo stile delle iniziali, come da prove agiologiche di uno di essi, Sessor. 5. L’identità dello scriptorium è suggerita, anche se non comprovata con certezza, da un nota di possesso del XV secolo nel Sessor. 6, di S. Salvatore a Settimo. In questi tre manoscritti il legame con Roma è ancora distinguibile ma molto ridotto: con essi si apre un fase posteriore nell’evoluzione degli stili delle iniziali fiorentine, e tutti e tre possono essere datati abbastanza avanti nel secondo quarto di secolo.
Vi sono alcuni indizi nella scrittura e nelle iniziali del fatto che il Sessor. 3, un frammento di Bibbia atlantica, sia di poco anteriore agli altri due.
La scrittura, particolarmente calligrafica, appartiene al tipo middle geometrical della regione umbro-romana, di cui la versione fiorentina è stata tipizzata nella Bibbia di S. Maria del Fiore già esaminata. Nell’aspetto è abbastanza leggera e sottile, indizi di relativa anteriorità, ma la s tonda non supera mai la s diritta a fine riga ed è poco frequente a metà riga alla fine di parola. Questa scrittura, a giudicare dalle sue analogie con la sequenza stabilita a Roma, sarebbe stata probabilmente normale nel pieno quarto di secolo, vale a dire tra 1130 e 1145.
Le iniziali sono di inusuale bellezza. Sono tutte di transizione, ma incorporano ancora molti intrecci early geometrical come riempimento delle barre. Punti di contatto con lo stile middle geometrical della regione umbro-romana sono: alcune terminazioni e motivi base che richiamano molto vagamente quelli romani; alcuni dei riempimenti delle barre che ricordano nel colore e nell’esecuzione vivace i colori e la tecnica middle geometrical dell’Urbe. Ma in generale, ogni elemento è derivativo, sviluppo lontano dalla norma romana. A dispetto dell’apparenza middle geometrical di certe iniziali, i motivi non sono quelli del repertorio umbro-romano; e a dispetto delle somiglianze di colore in queste iniziali, il colore in generale è decisamente diverso da quello di Roma, con predominanza di verde e marrone. Particolarmente caratteristico è il riempimento elaborato delle barre descritto in apertura di paragrafo, che non si trova a Roma ma ricorre nei due altri manoscritti di questo gruppo. In molte iniziali, i riempimenti degli interstizi sono particolarmente raffinati, e talvolta si diffondono sulle barre in maniera decisamente non-romana. Il codice contiene un certo numero di iniziali a barra piena, in cui le barre sono composte sia da uno stretto filetto giallo unico, sia da un filetto giallo più largo diviso a metà da una sottile linea rossa. Quest’ultima modalità, non conosciuta a Roma, si vedrà di nuovo in un manoscritto fiorentino più tardo che sarà discusso in seguito (Firenze, Bibl. Laurenziana, Plut. 20.1). Infine, le Tavole dei Canoni sono di un tipo differente anche se deriva da modelli romani.
Probabilmente un po’ più tardo del precedente - plausibilmente da assegnare tra il 1135 e il 1150 - anche se strettamente collegato nella scrittura e nelle iniziali, è il Sessor. 6, un Lezionario atlantico. Nell’ultima pagina vi è la nota di possesso menzionata sopra: Monasterii S. Salvatoris de Septimo Cysterciensis ordinis et Florentine dyocesi. Ma anche senza questo indizio, lo stile delle iniziali indica la regione fiorentina.
In questo Lezionario la scrittura, anch’essa di tipo middle geometrical, è in qualche modo più avanzata di quella del frammento di Bibbia. La s tonda è quasi costante a fine riga e frequente alla fine di parola. Tutto ciò non indica altro che un copista più giovane: ma considerate con certe caratteristiche avanzate nelle iniziali, fornisce una prova per una datazione un poco più tarda.
Tutte le iniziali sono qui di transizione, senza alcuna traccia di motivi early geometrical. Molte sono paragonabili a quelli della precedente Bibbia, in particolare nei riempimenti delle barre a petali lavorati. Altre sono paragonabili a quelle di altri codici fiorentini considerati: ricorre lo speciale motivo a foglia nelle Tavole dei Canoni della Bibbia di S. Maria del Fiore, e del s. Agostino (Mugel. 5). Altre ancora sono decisamente avanzate, e mostrano tendenze verso lo stile late geometrical nell’alleggerimento della struttura e del colore, nell’aumento del tratto di penna a sfavore della pennellata, e nell’aumento dell’impiego dello sfondo squadrato. Il codice contiene inoltre belle iniziali a barra piena, in cui le barre sono sfumate dal giallo all’arancio, una maniera che si incontrerà solamente nei codici legati a Firenze (si veda il Firenze, Bibl. Laur., Plut. 20.1).
Particolarmente legato al Lezionario è il terzo manoscritto del gruppo, Sessor. 5, un frammento di Passionario atlantico, anche se è probabilmente di qualche anno più tardo. Che sia fiorentino è provato dal suo programma delle celebrazioni, e specialmente dalla festività di s. Zenobio, vescovo di Firenze (25 maggio) e di s. Alessandro, vescovo di Fiesole (6 giugno). Che sia stato prodotto sotto le influenze romane è indicato non solo dalle iniziali, ma anche dalla sua sola illustrazione, la figura ad altezza piena di s. Apollinare al f. 169v. La scrittura di questo Passionario varia enormemente, ma la maggior parte afferisce al tipo middle geometrical, alcune più avanzate di quelle riscontrate nel Lezionario. Le iniziali, tutte di transizione senza reminiscenze dello stile early geometrical, presentano, come nel Lezionario, tendenze allo stile late geometrical. Ricorrono sia il nodo stretto che i riempimenti delle barre a petali elaborati, e sono da notare le numerose iniziali zoomorfe e alcune iniziali dallo stile estraneo a questo ambito.        
     

Lo stile di transizione in Toscana (1d)

(Garrison, Studies I, pp. 164-166)

Alcune delle iniziali più raffinate prodotte nell’Italia del XII secolo si trovano in un codice di transizione della Cattedrale di Firenze, una Bibbia atlantica in due volumi, riccamente illustrata, ora nella Biblioteca Lauranziana come Edili 125/126, che a giudicare dal gran numero di elementi early geometrical e di iniziali piene, deve essere datata poco dopo i tre codici precedenti.  Anche se lo stile figurativo in questa Bibbia rimane un qualche modo un enigma, le iniziali certamente e probabilmente la scrittura possono essere attribuite a Firenze, anche se con qualche influenza romana.
Tutte le scritture sono versioni del tipo middle geometrical umbro-romano, in cui si nota tuttavia una certa rotondità delle lettere, retaggio di matrice carolina, già presente nei codici appena considerati. Troviamo la moltiplicazione della s tonda, specialmente a fine riga, ma anche a metà riga alla fine di parola, anche se in questa posizione è superata dalla s diritta. La scrittura si trova allo stesso stadio di sviluppo di quella della Bibbia umbro-romana di Perugia.
Gran parte delle iniziali sono molto belle e costituiscono inususali elaborazioni dello stile early geometrical: mostrano tutti i segni di recenziorità eccetto il fatto che il colore tende alla pienezza e alla ricchiezza - rosso scuro, porpora, lacca, blu e verde. Ma disseminate nei due volumi vi sono iniziali certamente di transizione, e talvolta motivi di transizione appaiono accanto a motivi early geometrical nella stessa iniziale.
L’influenza romana è evidente in tutta la Bibbia. Nella I della Genesi vi sono relazioni incontrovertibili con la Bibbia di Perugia: il motivo base è simile nei caratteri generali a quello di entrambe le grandi iniziali della Bibbia di Perugia, ma in qualche modo un po’ più elaborato. Questi motivi base, come già detto, formano un gruppo con le Bibbie di Todi e di S. Maria in Vinci e l’Antico Testamento fiorentino appena considerato. L’intreccio circolare sulla sommità della I è molto vicino a quello della sommità della I di Perugia, di cui sembra una copia diretta. E le lettere capitali a barra piena a lato sono presenti anche in Perugia, qui maggiormente importanti. Più in generale, romano è il dettaglio del leone alla base delle lettere, poiché è presente nella prima Bibbia di Bovino, dell’inizio del XII secolo.
Di origini romane, anche se non comprende iniziali romane, sono anche i riempimenti degli interstizi: sono di gran lunga più sontuosi di ogni altro incontrato finora, essendo ravvivati da uccelli e animali di notevole effetto decorativo. Ma molti di essi rivelano una sottostante concezione classiccheggiante nei motivi a racemi pesantemente circolari, e nelle antiche teste e maschere, che sembrano con ogni probabilità provenire da Roma, sia direttamente che attraverso adattamenti locali. Questi racemi richiamano le opere classiccheggianti di Roma, come i mosaici in uno degli absidi del battistero del Laterano, del tardo IV secolo, ma ancora più strettamente quelli dell’abside della chiesa superiore di S. Clemente, eseguiti sotto l’arciprete titolare Anastasio tra il 1106 e il 1126-27, non molti anni prima della Bibbia. Nella Bibbia tuttavia una certa eleganza romanesca è molto più evidente.
Le caratteristiche fiorentine sono allo stesso tempo forti. Più pervasiva tra i motivi di transizione è la versione fiorentina della rosetta, già menzionata, e fiorentina è anche la frequente interruzione delle barre con intrecci. Di speciale interesse come indicazione di non romanità e di fattura fiorentina sono le Tavole dei Canoni: sono diverse nel disegno da ogni altro della regione umbro-romana, e richiamano in molte caratteristiche certi prodotti carolingi. I primi due differiscono nel disegno complessivo dagli altri due, il primo con otto piccoli archi sotto cui sono riportate le concordanze raggruppate sotto due archi più grandi, l’ultimo con i piccoli archi sottoposti ad una trabeazione piatta. Gli uccelli finemente disegnati e le fronde vegetali aggettanti nei pennacchi dei primi due sono quasi certamente copiati da qualche manoscritto carolingio. I grandi archi della prima Tavola sono riempiti con uno speciale motivo a foglia che si ritrova in molte iniziali dei manoscritti fiorentini, già evidenziate nel s. Agostino e come si vedrà in altri. Il riempimento a racemi di molte iniziali può essere anch’esso ritenuto fiorentino, poiché il carattere classiccheggiante si ripete in molti altri manoscritti fiorentini - anche se la bellezza di questa Bibbia non è mai eguagliata.
Molte delle caratteristiche citate assegnano questa Bibbia all’inizio del secondo quarto del secolo, ma altri dettagli suggeriscono una datazione in qualche modo più tarda. Molte delle iniziali, sia quelle early geometrical che di transizione, sono poste contro uno sfondo squadrato, caratteristica che ricorre sempre più frequentemente man mano che ci si inoltra nel quarto di secolo, e che diventa la norma nello stile late geometrical del terzo quarto. La mancanza di suddivisione in scomparti in alcune delle barre può anch’essa essere considerata come indizio di datazione più tarda. Sembra perciò opportuno assegnare questa Bibbia fiorentina ad un periodo di qualche anno posteriore  alle Bibbie del Pantheon e di Perugia, quindi può ragionevolmente essere datata tra il 1130 e il 1140.

Lo stile di transizione in Toscana (1c)

(Garrison, Studies I, 162-164)

Certamente miniato dallo stesso monaco in un periodo un poco anteriore è un frammento aniconico di una Bibbia alla Biblioteca Laurenziana, Edili 127, che sebbene modellata sulle Bibbie atlantiche è eccezionalmente di formato un po’ più piccolo e di disegno più semplice. Questo codice dovrebbe essere classificato come early geometrical per le sue iniziali, ma fa eccezione il fogliame delle terminazioni che si avvicina alla transizione e mostra solo alcune caratteristiche early geometrical. Ma a causa delle particolari relazioni che queste iniziali portano con quelle del s. Agostino appena considerato, si è ritenuto opportuno trattarla qui.
Nonostante le somiglianze delle iniziali nei due codici, la scrittura in questo frammento di Bibbia è completamente diversa: invece della scrittura di transizione del s. Agostino, troviamo una scrittura che è una carolina calligrafica e regolare, fatto che conferma la relativa anteriorità del codice, poiché questa scrittura non sarebbe normale oltre la fine del primo quarto del secolo, all’incirca nel periodo in cui fu prodotta la Bibbia di S. Cecilia.
Le iniziali, come è stato detto, sono interamente early geometrical, tranne che per le terminazioni di transizione: mostrano certamente punti di contatto con le iniziali della Bibbia di S. Cecilia, e anche il fogliame degli interstizi, sebbene molto particolare, ospita forme che si trovano tra le iniziali più elaborate della Bibbia di S. Cecilia. Il frammento di Bibbia somiglia alla Bibbia di S. Cecilia anche nella semplicità della I della Genesi e nella mancanza delle grandi capitali a lato - caratteristiche che saranno di preferenza fiorentina. Tuttavia il miniatore ha sviluppato in questo codice uno stile molto personale di notevole bellezza, probabilmente per influenza dei modelli francesi; il fogliame degli interstizi è certamente, anche se di poco, meno evoluto rispetto al s. Agostino.
A dispetto dei punti di contatto con la Bibbia di S. Cecilia, a causa della presenza del fogliame nelle terminazioni di transizione, tipici della zona fiorentina, è opportuno datare questo codice pochi anni dopo il codice romano, circa nel 1125.
A mostrare molti punti di contatto con il s. Agostino appena considerato, nelle affinità umbro-romane e nel suo fiorentinismo, e certamente quasi contemporaneo, è un Antico Testamento frammentario proveniente dalla Cattedrale di Firenze, ora alla Biblioteca Laurenziana come Edili 124, che si trovava - secondo un’aggiunta del XIV secolo evidentemente tagliata da un foglio ora perduto del codice e incollata al piatto - in una chiesa dedicata a s. Romolo. Contiene una sola illustrazione, il Signore che benedice Samuele all’inizio del primo libro dei Re, che, anche se quasi certamente fiorentina, mostra affinità con Roma.  
Alcune delle scritture in questa Bibbia si avvicinano al tipo middle geometrical della regione umbro-romana e sarebbe stata normale poco dopo quella di s. Agostino: ma molte, sebbene anche riformate, mantengono un aspetto ‘carolino’.
In tutto il codice, solo quattro iniziali sono state eseguite, mentre lo spazio per le altre è rimasto bianco. La F del Prologo è perduta, ma la I della Genesi mostra pienamente le affinità romane, con una I molto vicina a quella della Bibbia del Pantheon. Il motivo base potrebbe essere stato copiato direttamente dalla F del Prologo della Bibbia di S. Maria in Vinci, qui datata alla prima parte del quarto di secolo, entrambe appartenenti allo stesso ambiente di disegno dei motivi base delle F delle Bibbie di Todi e Perugia. La somiglianza di questa I anche con quella di s. Agostino è evidente: il disegno complessivo appare di forma derivativa, piuttosto che una esemplificazione dei codici romani. La F del f. 108v mostra oltrettutto la versione fiorentina della rosetta come riempimento della barre, la F del foglio 123v presenta il nodo allungato con sezioni a vari colori di Firenze, presenti già nel s. Agostino. Fiorentina, come nell’acuta deviazione alla norma delle Bibbie umbro-romane, può essere considerata la disposizione del testo accanto alla I della Genesi, che ha eliminato le piccole capitali, elemento che si incontra anche in altre Bibbie fiorentine.
Il motivo di suddivisione a scomparti, relativamente semplice, nella I e i riempimenti early geometrical sembrano porre il codice poco dopo il s. Agostino; è certo, in ogni caso, che i due codici sono stati prodotti a distanza di pochi anni l’uno dall’altro.