venerdì 15 luglio 2011

Soppravvivenze del XIII secolo (1a)

 (Garrison, Studies III, pp. 66-68)

In tre manoscritti, uno fiorentino e probabilmente databile nella prima metà del XIII secolo, uno molto probabilmente prodotto a Camaldoli nel 1240 - probabilmente miniato e illustrato da un lucchese - e un altro lucchese databile 1248-50, le iniziali, sebbene per molti aspetti perfettamente del loro tempo, sono pienamente modellate su quelle late geometrical del secondo quarto del XII secolo, stile che presentano in una certa purezza, anche se a diversi gradi. Nel primo, una sopravvivenza dello stile più antico può con una certa sicurezza essere postulato, poiché il protocollo antico è strettamente mantenuto. Negli altri due la situazione è meno certa, perché le iniziali mostrano un cambiamento considerevole: deve trattarsi di una rivisitazione. Specialmente nell’ultimo, il lucchese, un revival sembra la spiegazione più ragionevole. Nel primo e nel secondo l’idea di un revival è assecondata dalle scritture, che sono chiaramente tipi del XII secolo portati avanti. Nel terzo la scrittura è, al contrario, ben avanzata verso la gotica. Ma gli indizi non sono tutti qui. La scoperta di iniziali simili del XII secolo prodotte a Lucca, lungo la prima metà del XIII secolo, avvalora l’ipotesi di una sopravvivenza. 
Il primo dei tre manoscritti è una Concordantia evangeliorum della Laurenziana, Conv. Soppr. 343. Proviene dalla Biblioteca di Camaldoli dove aveva la segnatura Q.IV.4. Anche se è pensabile che sia stato prodotto in quel monastero, non siamo, allo stato attuale delle conoscenze su Camaldoli, nella posizione di attribuirlo; né la scrittura né le iniziali né le illustrazioni possono distinguersi come camaldolesi.
La scrittura ha un aspetto molto strano. Di base è del tipo riformato del XII secolo, con un lieve accenno alla goticizzazione, ma è certamente più spezzata, pesante e affastellata delle scritture del XII secolo. La s tonda è costante ovunque, e l’aumento delle abbreviazioni è considerevole. La r gotica appare qua e là, più frequentemente nei sottotitoli. I titoli sono in genere molto avanzati, e mostrano segni di goticizzazione accanto alla decorazione a rotoli in rosso e blu che diverrà normale nel XIII secolo e che rimarrà lungo il XIV. La scrittura mostra, in aggiunta, un certo tremore che quasi certamente tradisce la mano di un monaco anziano. La scrittura è infatti la prima prova del fatto che il codice deve essere stato prodotto nel XIII secolo e non nel XII.
Ulteriori prove risiedono nelle due illustrazioni del codice. La figura a mezza altezza la f. 176v è estremamente vicina ai lavori del XII secolo e più precisamente ai codici fiorentini del terzo quarto del secolo. Può essere confrontato direttamente con le figure a mezza altezza del Maestro del Sacramentario Morgan e dei miniatori ad esso legati, e sopratutto a quelle del Commentario di s. Agostino su s. Luca e a una figura a mezza altezza del Messale di Camaldoli, che ho precedentemente datato all’inizio del terzo quarto ma che dovrei ora porre qualche anno dopo, nel pieno terzo quarto. Può anche essere confrontata con la figura a mezza altezza nel fiorentino Omeliario della Vallicelliana, ma vi sono alcune differenze. C’è un piccolo cambiamento nelle forme e un maggiore chiaroscuro. Queste sono sfociate, nella figura intera del f. 23, forse s. Matteo, in una nuova tipologia e un nuovo aspetto complessivo, che ci porta nel XIII secolo. Un lavoro così lontano come quello del Maestro della Traslazione di Anagni, che era attivo nel secondo quarto del secolo e oltre, e nel pittore dell’abside di S. Silvestro a Tivoli, che ho altrove chiamato suo allievo, è vagamente riportato alla mente.
Le iniziali sono ovviamente modellate su quelle late geometrical del terzo quarto del secolo, e più strettamente su quelle fiorentine. La struttura, i riempimenti delle iniziali e il fogliame degli interstizi, tutte sono legate a queste caratteristiche a Firenze. Ci sono però alcune differenze: i colori sono più intensi, ed è frequente un verde intenso. Il fogliame degli interstizi è più regolare, più strutturato, più approssimativo e superficiale per essere stato prodotto nel XII secolo. Si verifica una frequente soppressione nell’apertura delle barre, cioè degli scomparti, un ritorno alla barra piena, specialmente verso la terminazione della lettera, che è parte integrante della decadenza dello stile.
Per mancanza di confronti, è difficile datare un codice del genere. Soprattutto è difficile porre un limite alle sopravvivenze dello stile delle iniziali del terzo quarto in questa forma pura. Guardando il codice contro lo sfondo dello sviluppo centro italiano, in cui la scrittura del XII secolo stava per essere stabilmente goticizzata, e lo stile delle iniziali del XII secolo stava per essere spezzato, si deve invocare, così sembrerebbe, in aggiunta alla longevità dei miniatori, un eccessivo spirito di conservatorismo, contro il quale non può porsi alcun limite significativo. Questo conservatorismo è tuttavia probabilmente confinato ad una regione piccola, forse ad un singolo monastero, uno in cui si sia costituita una forte tradizione. Ma anche in questo caso, non può aver evitato tutti gli stimoli del cambiamento. Al presente, la vaga relazione del santo intero con Anagni è l’indice di datazione più definito che abbiamo. Finché altro materiale di confronto sarà raccolto, sembra necessario accontentarsi di una datazione abbastanza imprecisa in qualche momento della prima metà del XIII secolo.

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