sabato 16 luglio 2011

Soppravvivenze del XIII secolo (1b)

(Garrison, Studies III, pp. 68-71)

Il secondo manoscritto è un Sacramentario del British Museum, Egerton 3036, che si trovava un tempo nella Biblioteca di Camaldoli ed è stato probabilmente prodotto, secondo una annotazione quasi certamente autentica, nel monastero di Fontebuono a Camaldoli, detto l’Ospizio, nel 1240.
Al f. 416v, e fino al 417, è la seguente annotazione.
In nomine domini amen. Anno ab incarnatione MCCXL ... ego domnus Consilius monachus ... a domino Iacopo ... ordinis eiusdem poenitentiario accepiliteras deputatus ad quosdam abbates destinatus, quorum memoria dicetur inferius, quatenus intuitu misericordia, et vinculo suae ducti dilectionis de bonis sibi a deo collatis ad hunc librum faciendum aliquid ex caritate dignarentur largiri. Quapropter ego iamdictus Consilius cupiens obedire, praesertim cum obedientia meliorquam victima reputetur, ad hoc opus institutum faciendum, conscientia teste apud dominum, pure operam dedi, nimio desudando labore, ut ad perfectionem perduceretur, atque personas elemosynas largientium eorumque dona praesenti libello scrivere curati, ut tam praesentes quam futuri congregationis Camaldulensis iamdictos donatores suis reddant contigerit, deum queant recipere placatum. Isti vero sunt, quorum auxilio, et hortatu liber iste factus est. In primis abbas de Vulterris XL florenos, domnus Iacobus qui tunc erat abbas de Cerreto ... abbas Urbanus sancti Savini ... prior sancti Frigdiani ... abbas sancti Michaelis ... abbas sancti Zenonis ... dominus dignus hospitalarius sancti Frigdiani ... domnus hospitalarium Henrigus eiusdem loci ... domnus Bene qui tunc erat abbas de Cantignano ... abbas de Putheul ... abbas de Cintorio ... et totum sericum et corrigias aureas, fibulas, et manutergium similiter, cum quo est coopertus. Item domnus Consilius libras XIV, sine proficuo dictorum, et sine expensis suis eundo, et redeundo, et sine ligatura praedicti libri. Item pro cambio dictorum florenos VI. Item de exitu ad memoriam retinendam scriptum facio. In primis dedi in chartulis libras XIV. item pro scriptura libras XVII. item Marco pictori libras XVI. Pax bona sit iustis iniustis recta voluntas. Ego frater Consilius, que mere operam dedi hoc opus incipiendo, et perficiendo, dominum contestor, ut aliquis male attentando afferens, quod plura receperunt, quam in praesenti recitentur scriptura, mecum contendat in iudicio ante tribunal Christi.
Lo spazio dopo il nome di Consilius monachus e di Iacopo all’inizio rappresenta un’attuale rasura. Ma il testo è stato evidentemente letto da Mittarelli e Costadoni prima delle rasure, perché dopo il primo hanno messo Fontis boni e dopo il secondo eremita, e hanno spiegato che Consilius era un monaco arrivato a Fontebuono da S. Savino di Pisa.
Sfortunatamente, il foglio in cui inizia questa nota è parte di un fascicolo separato, aggiunto certamente dopo che il codice fu copiato. Anche se la nota è del XIII secolo, è in una scrittura notarile, completamente differente nel tipo dalla scrittura libraria del Sacramentario. Non si tratta tuttavia di un colophon, e non può essere senza dubbio accettato come riferito al Sacramentario. Si può pensare che sia una nota del copista di un altro libro, qui copiata per ragioni sconosciute.
Tuttavia, altre prove rendono probabile che si tratti dell’annotazione di copiatura del Sacramentario.
Gran parte dei contribuenti menzionati nella nota sono quasi certamente volterrani, pisani e lucchesi - solo due potrebbero essere aretini. Il primo è certamente volterrano. Il secondo, l’abate di Cerreto, deve aver governato il monastero di S. Pietro di Cerreto Guidi nella diocesi di Volterra, perché questo era il solo insediamento camaldolese della regione che può essere stato chiamato così. Il terzo, il quinto e il sesto e l’ultimo devono aver governato importanti monasteri camaldolesi nel territorio pisano. S. Savino può probabilmente identificarsi con S. Savino di Montione, o Cerasola, vicino a Calci, perché era il monastero camaldolese più importante nella regione dedicato a questo santo. Non solo S. Savino di Chio, vicino ad Arezzo, era meno importante, ma uno speciale legame con il monastero pisano e una particolare rilevanza di questo sono attestati dal fatto che questo monaco Consilius, che supervisiona la composizione del libro, veniva da lì. S. Michele può probabilmente essere identificato con S. Michele in Borgo a Pisa; S. Michele di Arezzo sembra in questo contesto meno probabile, ed era per di più meno importante. S. Zeno può identificarsi con il monastero camaldolese di S. Zeno di Pisa, mentre Cintorio deve essere stato il monastero di S. Stefano in Cintorio, vicino a Verruca, nella diocesi di Pisa. I monasteri di S. Salvatore e S. Bartolomeo di Cantignano e di S. Pietro di Pozzeveri (Putheolis), entrambi camaldolesi, erano d’altra parte tra gli insediamenti lucchesi più importanti, il primo ai piedi dei monti Pisani nella parte lucchese, il secondo un po’ più lontano ad est di Lucca. Il priorato di S. Frediano è più probabilmente stato il capostipite del monastero di S. Frediano a Pisa, che era camaldolese. I due ospitalieri, Dignus e Henricus, sono probabilmente di Pisa.
L’origine lucchese dei due contribuenti, assieme alla data 1240, suggerisce che il Marcus pictor menzionato nella nota potrebbe essere il miniatore e pittore lucchese Marco di Berlinghiero. Questo sarebbe possibile che se la fattura del libro fosse stata allestita a Camaldoli, e anche se il libro fosse stato prodotto là. Ciò che è estremamente importante è il fatto che in molte delle loro caratteristiche le iniziali nel Sacramentario sono simili alle iniziali della Bibbia di Marco a Lucca. Gli indizi contribuiscono non solo ad identificare il miniatore ma anche a confermare che il libro registrato è certamente il Sacramentario.
Probabile è anche che la nota non sia originale ma una copia, che l’originale fosse un vero colphon su un foglio successivamente rimosso perché danneggiato, in vista dell’inserimento di altro materiale come è stato in effetti fatto per qualche ragione, che fosse stato copiato poi alla fine del codice ricostituito per preservarne memoria. Che sia stato vergato nel XIII secolo è provato dalla scrittura della nota.
Sul luogo per il quale il Sacramentario è stato prodotto, e una conferma approssimativa della data, si può ottenere dal programma delle messe, e una chiave sulla sua storia seguente può essere ricavata dal Calendario aggiunto alla fine.
Che il Sacramentario sia stato prodotto per l’uso del monastero di Fontebuono è provato dalla sua agiologia. Va ricordato che il programma delle celebrazioni è molto simile, anche se non identico, a quello del Messale di Camaldoli, Firenze, Laurenziana Conv. Soppr. 292. La normale agiologia camaldolese, rivelata da questi due codici, condivide molto della agiologia aretina, essendo il monastero situato nella diocesi di Arezzo, come anche quella fiorentina. Alcune delle differenze tra i due possono quasi certamente attribuirsi ai tre quarti di secolo che li separano. Ma dal momento che la produzione del Sacramentario sembra essere stata molto più cooperativa del solito, alcune differenze possono meglio essere spiegate supponendo che certi santi siano stati inclusi, inconsuetamente, in ossequio ai contributori lucchesi, pisani e volterrani, anche se questo si può determinare più precisamente solo dopo uno studio più completo dell’agiologia camaldolese.
Che il Sacramentario sia stato prodotto per l’uso toscano è certo, perché contiene tre dei quattro santi toscani: s. Regolo, s. Cerbone e s. Miniato (s. Torpete è omesso). Molte messe indicano più specificatamente una destinazione camaldolese, prime tra tutte le messe per i ss. Donato e Ilariano il 7 agosto, che è decorata con l’iniziale più grande e più elaborata di tutto il libro, perché erano i patroni di Fontebuono. Allo stesso tempo erano aretini e venerati in Arezzo: la dedicazione a loro del monastero deve essere stata influenzata da questo. Anche s. Romolo il 6 luglio potrebbe in questo contesto essere considerato parte dell’ambiente camaldolese, piuttosto che una indicazione firoentina come è di solito, perché compare anche nel Messale di Camaldoli. S. Romualdo, abbastanza stranamente, è omesso nel codice originario. Ma una messa per questo santo è stata aggiunta nel XIV secolo nel margine vicino al 19 giugno. Un’altra aggiunta del XIV secolo, quella delle messe per le ss. Flora e Lucilla, titolari di importanti monasteri ad Arezzo, suggerisce che il Sacramentario fosse al tempo nella regione camaldolese.
L’inclusione dei ss. Efiso e Potito il 13 novembre è quasi certamente in ossequio ai contributori pisani: normalmente non si trovano in codici non pisani. S. Savino il 7 dicembre deve essere stato incluso in omaggio ai contributori dal monastero dedicato al santo a Pisa (camaldolese dal 1104), ma dal momento che compare anche nel Messale di Camaldoli, e dal momento che c’era un monastero dedicato a lui ad Arezzo, la questione non è certa: potrebbe far parte dell’ambiente camaldolese. L’inclusione dei ss. Giusto e Clemente il 5 giugno è solo un po’ più certamente in omaggio ai contributori volterrani, perché non si trovano nel Messale (importante monastero vicino a Volterra, camaldolese dal 1113).
Anche se non sono inclusi santi la cui venerazione è confinata a Lucca, tuttavia molte celebrazioni dell’ambiente lucchese sono presenti: s. Biagio, ss. Alessandro Evenzio e Teodulo, s. Pantaleone, ss. Donato e Ilariano, s. Ponziano e compagni, s. Martino, s. Frediano, s. Prospero. Molti di questi santi ricorrono nel Messale, ma non s. Ponziano il 5 agosto, e non compare in altri codici fiorentini, quindi deve essere stato incluso sotto l’influenza dei contributori lucchesi.
Infine si può dedurre dal Sacramentario una qualche conferma della datazione, perché include la messa per s. Frediano il 4 ottobre, indicazione che è stato probabilmente prodotto dopo il 1228, l’anno della canonizzazione.
 Il Calendario fornisce informazioni ulteriori. A giudicare dalla scrittura, è di qualche anno posteriore al Sacramentario, e la composizione del libro ci assicura che si tratta di una aggiunta. Tuttavia, molto probabilmente è stato prodotto prima del 1259, perché ha aggiunto nei margini sotto il 6 settembre obit domni Martini venerabilis prioris camald., che è certamente Martino III, priore generale dell’ordine dal 1248 al 1259. Nelle indicazioni principali coincide con il Sacramentario, ma mostra un forte accenno lucchese. In aggiunta alle indicazioni lucchesi già menzionate, include il nome di s. Cassio il 13 ottobre, un santo che in  Toscana è venerato solo a Lucca. Inoltre i nomi dei ss. Alessandro, Evenzio e Teodulo, particolarmente importanti a Lucca, sono rubricati, cosa che non sarebbe accaduta in altri centri della Toscana. Infine c’è una nota obituaria il 23 maggio di una Alberia domina comitissa uxor comitis Tegrimi, molto probabilmente della ben conosciuta famiglia Tegrimi di Lucca. Sembra quindi che il Calendario sia lucchese.
Naturalmente è possibile che il Calendario, anche se prodotto prima del 1259, non sia stato aggiunto al Sacramentario che successivamente, preso da qualche altro libro. Ma in questo caso sembra più ragionevole ritenere che sia stato prodotto per il Sacramentario e che sia stato aggiunto tra il 1240 e il 1259.
Pare difficile mettere insieme tutte le indicazioni in un discorso storico unitario. Va notato che Consilius non dice mai che il Sacramentario è stato prodotto a Camaldoli. Tuttavia le indicazioni che lo sia sono molto forti. Oltretutto, il forte accenno aretino e camaldolese nell’agiologia e l’assenza di ogni positiva indicazione del contrario, fa ritenere che lo fosse. Inoltre si trovava quasi certamente a Camaldoli nel XIV secolo quando furono aggiunte le messe per s. Romualdo e per le ss. Flora e Lucilla. Fu visto inoltre nella Biblioteca di Camaldoli nel XVIII secolo da Mittarelli e Costadoni. Nessuno di questi fatti preclude l’impiego di un illustratore lucchese, come non precludono la possibilità che il libro fosse stato portato a Lucca e che sia rimasto là per un certo periodo dopo la produzione - questo vale per il Calendario, che potrebbe essere stato aggiunto là. Successivamente potrebbe essere stato riportato a Camaldoli, cosa che sembra abbastanza plausibile, in vista dei continui spostamenti da un monastero all’altro, e lo stesso Consilio viene da S. Savino a Pisa.
A prima vista, la scrittura sembra porre il Sacramentario molto prima del 1240. Sembra infatti molto in ritardo già nell’ultimo quarto del XII secolo, e anche l’ipotesi di un copista molto vecchio non sembra capace di spiegare questa scrittura molto oltre il volgere del secolo. L’inclusione di una messa per s. Francesco è la prova che sia stato prodotto dopo il 1228, e conferma la veridicità della nota e la plausibilità della datazione. La scrittura deve dunque essere considerata una sopravvivenza molto tarda - forse un revival - di un tipo precedente, forse peculiare del monastero o di un singolo copista.
Le iniziali geometriche sono limitate alla prima e all’ultima parte del libro: il Comune e le messe speciali tra di essi (ff. 282-334), sono decorati solo con iniziali calligrafiche rosse. Le iniziali geometriche, come è stato detto, sono molto simili a quelle della Bibbia di Marco, sia nella struttura generale che nei diversi dettagli. Un tipo speciale di intreccio terminale come nella I del Sacramentario è molto simile a quelli della Bibbia. Gli sfondi, con le linee bianche e i puntini bianchi, e con i giglietti a penna agli angoli, sono identici. Il principale riempimento delle iniziali in entrambi i codici è una sorta di motivo a foglia radiante, normalmente in rosso e blu, in cui gli elementi sono definiti da linee sulla pergamena bianca, mentre il secondo motivo nel Sacramentario, un nodo allungato, si trova anche nella Bibbia. Infine la legatura a triplo nodo lungo le barre nei punti più stretti, anche nell’occhiello centrale di ogni nodo, sono identici.
Ciò che sorprende è che la sola illustrazione del Sacramentario non mostra alcun segno dello stile tardo di Marco, come invece si vede nella Bibbia. Certamente è così debole che nulla si può dire con certezza, e per questa ragione l’indizio non dovrebbe essere sovrastimato. Ma sembra abbastanza legato allo stile delle illustrazioni molto rudimentali del secondo Lezionario di S. Frediano, citato prima. Poiché il motivo a foglia radiante del Sacramentario e della Bibbia ricorre anche in forma primitiva nel Lezionario, sembra che Marco, nei suoi primi lavori come miniatore e illustratore, si sia rivolto ai manoscritti lucchesi come il Lezionario - se il Lezionario è veramente lucchese cosa che non è detta - sia per le iniziali e lo stile figurativo, e che solo più tardi assunse le forti influenze manifestate nelle illustrazioni della Bibbia.    

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