martedì 31 maggio 2011

Lo stile di transizione in Toscana (1f)

(Garrison, Studies I, pp. 168-172)

Difficile da datare precisamente a causa della deviazione dalle norme fiorentine, anche se è certamente di produzione fiorentina, è un Passionario atlantico non illustrato della Cattedrale di Firenze, ora Edili 139 della Biblioteca Laurenziana. Che sia stato prodotto per l’uso toscano è suggerito dalla celebrazione di S. Miniato; che sia stato prodotto per Firenze è confermato dalla più restrittiva celebrazione di s. Zenobio, come anche dalla confusione, tipicamente fiorentina, tra s. Gaudenzio di Fiesole (26 novembre) e s. Gaudenzio vescovo di Novara (22 gennaio).
La scrittura appartiene al tipo middle geometrical, e della particolare versione fiorentina che mantiene molti aspetti della carolina. Tuttavia è più pesante nel ductus rispetto a quelle finora incontrate; inoltre la s tonda compare più frequentemente di prima, con la stessa proporzione alla fine della riga e all’interno della riga a fine parola. Queste caratteristiche vanno contro una datazione troppo antica: sarebbe probabilmente normale assegnarla al pieno quarto o anche verso la fine.
Il Passionario è diviso in due parti: una stessa mano ha però copiato entrambe le parti, così che si può concludere che siano state scritte in continuità. Ma è un cambiamento dello stile delle iniziale che marca la suddivisione: le iniziali più rilevanti sono confinate nei primi 12 fascicoli (che terminano al f. 95v). A cominciare dal f. 96 e fino alla fine del volume, si osserva uno stile di tipo antico di iniziali tracciate con tocchi di rosso, giallo e verde ripreso certamente da manoscritti pre-carolingi. Tutte le iniziali nella prima parte sono di transizione, senza sopravvivenze early geometrical: sono di un tipo molto particolare, che non trova un corrispettivo in alcuno dei codici conosciuti. La maggior parte sono molto piccole, il disegno particolarmente nervoso, il fogliame degli interstizi originale. Anche i colori sono eccezionali, il blu medio pallido degli sfondi, il marrone chiaro dei racemi, ripetuto in altri punti a dominare lo schema accanto ad un verde chiaro. Spicca per la sua assenza il rosso.
L’influenza middle geometrical romana è evidente, specialmente nelle terminazioni a foglie come quelle della Q  al f. 95. Il motivo del leone rampante alla base di una lettera, come nella P del f. 94v, potrebbe, come è stato suggerito, derivare da Roma, anche se è stato adattato poi a Firenze. Ma il fiorentinismo è tuttavia pieno nella ricorrenza ripetuta della rosetta fiorentina, e nella presenza dello speciale motivo a foglia delle Tavole dei Canoni della Bibbia di S. Maria del Fiore, come nella P del f. 3. Il miniatore di questa parte del Passionario era altamente specializzato; anche se era al corrente di altri manoscritti fiorentini di transizione, sviluppò uno stile personale di grande raffinatezza. Questo Passionario si può assegnare ragionevolmente nel pieno quarto di secolo, cioè tra il 1130 e il 1145.
Con due Passionari strettamente legati l’un l’altro nello stile delle iniziali e probabilmente prodotti nello stesso scriptorium, ritorniamo al decorso principale dello sviluppo: entrambi rappresentano una logica evoluzione da ciò che è accaduto precedentemente a Firenze.
Il primo Passionario è un codice atlantico non illustrato, proveniente dal monastero di S. Francesco in Agro Mugellano, ora alla Biblioteca Laurenziana come Mugel. 13. Contiene una nota del XV secolo che racconta che si trovava nella pieve di Castelfiorentino e che fu donato al monastero da Cosimo e Lorenzo De’ Medici nel 1438. La sua destinazione per l’uso fiorentino è provata dal suo programma agiologico, che celebra non solo s. Cerbone e s. Miniato, indicatori della Toscana in generale, ma anche s. Zenobio (25 maggio), indicatore di Firenze. Le iniziali sono fiorentine; è stato quasi certamente prodotto nella regione fiorentina, ma è impossibile identificare lo scriptorium.
La scrittura è di diverse mani. Una mano almeno impiega un tipo di scrittura che si avvicina alla transizione, ma gran parte delle altre utilizza il tipo middle geometrical un poco avanzato, il ductus che tende alla pesantezza e la s tonda estremamente frequente a fine riga, abbastanza frequente anche a fine parola. La scrittura più avanzata non è comunque anteriore al quarto di secolo.
Vi sono iniziali sia geometriche che a barra piena. Le prime sono interamente di transizione, spogliate di ogni traccia di stile early geometrical. Mostrano forti punti di contatto con lo stile middle geometrical di Roma nella vivace tecnica del riempimento delle barre in generale, ma specialmente nell’utilizzo reiterato del disegno dentellato, nelle terminazioni a foglie stilizzate e nei motivi base. Le barre piene, che presentano barre composte sia da filetti rosso e giallo sia da un unico filetto giallo, possono essere citate come esempi di influenza romana, poiché in entrambi i tipi le barre si spezzano spesso in un piccolo intreccio alla fine, in una maniera tipica delle iniziali a barra piena che accompagna quelle middle geometrical romane. Il fiorentinismo è tuttavia pieno nella costante ricorrenza della rosetta fiorentina, come anche negli intrecci dei filetti delle barre; inoltre è evidente nella presenza di iniziali a barra vuota riempite con rosso sfumato o tocchi di verde, come nelle P del f. 87 e del f. 105, che somigliano alle iniziali di Canterbury, già incontrate nel s. Agostino (Mugel. 5) e che si ritroverà nel secondo Passionario.
Speciali relazioni con l’altro Passionario si trovano nel tipo di foglie usate nel fogliame degli interstizi, con i bordi finemente dentellati, e soprattutto nei nudi decorativi con cui il fogliame è spesso arricchito. Questi nudi sono disegnati e colorati in un modo particolare, utilizzando tocchi di arancio rosato come unico espediente plastico; è possibile che lo stesso miniatore abbia lavorato su entrambi i manoscritti, perché questi nudi sono un incontrovertibile punto di contatto tra i due codici.
Infine è da notare che anticipazioni dello stile late geometrical si possono ravvisare in questo codice, nell’uso frequente degli sfondi squadrati, e nella tendenza qua e là, come nella A di f. 66, verso la tecnica lineare che lascia una grande quantità di pergamena visibile. Questi punti, assieme al carattere avanzato di alcune scritture, suggeriscono una datazione tarda nel quarto di secolo come più plausibile.
Il secondo Passionario è un codice atlantico illustrato di provenienza sconosciuta ora alla Biblioteca Laurenziana, Plut. 20.1. Che sia stato prodotto per l’uso fiorentino è provato dal programma dei santi: non solo s. Miniato viene celebrato, indice di destinazione toscana, ma anche s. Zenobio e s. Romolo, indicativi di Firenze, e la confusione fiorentina tra i due s. Gaudenzio, già incontrata altrove, è di nuovo presente.
La scrittura di questo Passionario è del tipo middle geometrical, nella sua particolare versione fiorentina. Le s tonde superano le s diritte a fine riga, ma solo di poco, e sono rare a fine parola. Ma il ductus è perfino più pesante di quello del Mugellano 13: è opportuno ritenere la scrittura contemporanea all’ultimo manoscritto middle geometrical di Roma, che della metà del secolo.
Sia le iniziali geometriche che a barra piena sono di nuovo presenti. Le prime, come nel primo Passionario, sono tutte di transizione senza sopravvivenze dei motivi early geometrical. Tuttavia mostrano una minore influenza romana, il loro fiorentinismo è meglio integrato e più pervasivo. Il riempimento delle barre a nodo allungato ricorre frequentemente nella particolare varietà fiorentina, e la rosetta fiorentina è meno frequente ma ricorre in poche iniziali, ad esempio nelle due I dei ff. 94v e 134v. Fiorentinismi risiedono anche negli intrecci all’interno delle barre di molte iniziali, come la I del f. 94v e la P del f. 108, così come nel gioco a barra vuota per il quale è stata suggerita una estrazione inglese tarda, ad es. la L del f. 103.
I riempimenti degli interstizi sono come già detto molto simili a quelli dell’altro Passionario, e sono frequentemente ravvivati con gli stessi nudi decorativi. Si è anche suggerito che lo stesso miniatore abbia lavorato ad entrambi i manoscritti: ma se vi siano elemnti sufficienti per ascrivere entrambi i codici allo stesso scriptorium è fatto ancora non esente da dubbi.
Per la datazione, il codice deve essere stato prodotto intorno alla metà del secolo, o poco più tardi.
Infine, un codice meno importante può essere attribuito, sulla base della scrittura, delle iniziali e della sola illustrazione, alla regione fiorentina e datato alla fine del secondo quarto o all’inizio del terzo quarto del secolo: un codice proveniente dal monastero di S. Marco a Firenze, ora alla Biblioteca Laurenziana come S. Marco 588. Contiene il commentario al vangelo di Matteo di s. Girolamo e il commentario al vangelo di Luca di s. Ambrogio. La scrittura è in parte di transizione, in parte middle geometrical, alcune mani particolarmente pesanti. Ci sono solo due iniziali, una P al f. 1v, illustrata, e una L al f. 2v. La P è di stile geometrico di transizione con accenni al late geometrical nel disegno della rosetta come riempimento della barra, nella quantità di pergamena libera, mentre la L contiene un particolare disegno della foglia simile ma non identico ad uno delle Tavole dei Canoni nella Bibbia di S. Maria del Fiore, citata in relazione alle iniziali di transizione. Lo stile dell’illustrazione è stato messo in relazione alla scuola fiorentina che fiorì primariamente nel terzo quarto del secolo.    

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