lunedì 2 maggio 2011

Lo stile 'early geometrical' (2)

Lo stile 'early geometrical'
(Garrison, Studies I, pp. 43-46)

Lo stile early geometrical mostra tutte le caratteristiche essenziali che definiscono in generale lo stile geometrico: le aste delle lettere, a barra vuota, spesso suddivisa in scomparti, sono riempite con vari disegni - geometrici, a foglia o floreali; le aste terminano di norma con un intreccio la cui forma assume un aspetto allargato lateralmente; i riempimenti sono in oro nei manoscritti più preziosi, altrimenti in giallo - un sostituto ‘povero’ dell’oro - contornati in rosso. Queste caratteristiche generali rimangono invariate per tutto l’early geometrical, e continuano nello stile di transizione e nel late geometrical.
Lo stile early geometrical si distingue tuttavia per numerosi elementi: le iniziali si estendono grandi nella pagina, caratterizzate, nell’ultimo quarto del secolo XI, da un disegno grossolano e da una struttura irregolare. Ma nel primo quarto del secolo XII si osserva un affinamento che coinvolge anche le iniziali comuni, più piccole, accurate e regolari. Lo stile si distingue anche per l’uso del pennello: i tocchi di colore riempiono o sono utilizzati per creare elementi in modo tale da conferire alle iniziali un aspetto ‘a corpo pieno’, che rimane per tutto il periodo; il cambiamento segna infatti il passaggio allo stile di transizione, e una caratteristica distintiva dello stile late geometrical consiste proprio nell’uso di una tecnica più calligrafica.
Lo stile early geometrical si distingue anche per i colori impiegati: inizialmente i colori sono scuri, con predominanza di rosso scuro, blu scuro, verde scuro, lacca e porpora. Altri colori, come il blu ardesia, bistro e pulce si incontrano raramente. Nei riempimenti ad intreccio il rosso, il blu, il lacca e il porpora sono ravvivati da linee e punti in bianco, il verde con linee e punti in giallo. Il fondo dietro il riempimento delle aste è normalmente colorato con toni più scuri, porpora scuro o anche nero. Successivamente i toni si fanno in genere più chiari e brillanti, e il verde tende a scomparire. Nel secondo quarto del sec. XII, cioè quando le iniziali dello stile di transizione e del middle geometrical iniziano a comparire accanto alle iniziali early geometrical, rimangono solo rosso e blu chiari, con linee e punti in bianco.
Anche la terminazione delle aste evidenzia caratteri specifici e una certa evoluzione. In molte lettere formate da un’unica asta verticale la cui terminazione inferiore è libera (F, I, P e meno spesso la T), l’intreccio terminale è sostituito da una base dal disegno più o meno complesso, inizialmente pesante e rigido, e successivamente più leggero, libero e intricato. Anche le terminazioni superiori possono essere sostituite da altri motivi, spesso da un ciuffo di foglie, e motivi correlati possono trovarsi alla chiusura inferiore della curva della P. Anche questi motivi tendono ad un graduale affinamento. Le aste possono assottigliarsi e terminare con un elegante motivo a foglie, ma anche con teste animali o di uccello, che si diffondono largamente, colorate dello stesso giallo dei riempimenti e disegnate in rosso, talvolta con l’impiego del nero.
Il riempimento delle aste è in particolar modo rivelatore della datazione: nei primi esempi dello stile predominano due patterns geometrici, la foglia a ventaglio e la rosetta stilizzata. Grandi, pesanti e a colore pieno all’inizio, vengono successivamente ridotti di dimensioni, schiariti nel tono di colore e resi più lineari; queste forme sono perpetuate, con variazioni, anche nello stile middle e nel late geometrical, soprattutto la rosetta. Un terzo pattern non geometrico è abbastanza frequente: una palmetta finemente disegnata, che ricorre anche negli stadi degenerativi, in forme che perdono la connessione con quella originaria.
Nel primo quarto del sec. XII il motivo più frequente è invece costituito dagli intrecci a colore unico, di diretta ispirazione carolingia. La varietà viene ottenuta cambiando colore da una sezione all’altra delle aste, o attraverso la suddivisione in scomparti che vengono riempiti con intrecci di diverso colore; gli intrecci sono spesso puntinati in bianco (in giallo se verdi), e piuttosto frequentemente si alternano scomparti con intrecci e con altri motivi decorativi.
Le prime iniziali geometriche sono poste direttamente sulla pergamena, vale a dire che non hanno un fondo colorato e gli interstizi sono lasciati bianchi o contengono illustrazioni. Ma nel primo XII secolo i riempimenti degli interstizi in riserva contro fondi colorati diventano comuni. Tali sfondi e riempimenti raramente oltrepassano i limiti strutturali della lettera, e quando questo accade siamo già all’inizio del periodo di transizione. I riempimenti sono ripresi dalle iniziali ottoniane italiane, nelle quali si sviluppano riempimenti di tal sorta: si tratta di versioni grossolane delle ‘corde a cinghia’ o tubolari ottoniane, corredate da nodi - intese come gemme - o foglie arricciate o fiori rudimentali, tra cui spiccano i trifogli, mentre più tardi tendono ad una maggiore libertà e fantasia. Compaiono forme naturali di grande varietà, dovute evidentemente all’influenza francese, che talvolta assimilano la decorazione classica locale: racemi classicheggianti appaiono infatti come tratto distintivo di numerosi centri, raggiungendo una bellezza negli ultimi esempi che prelude ai successivi sviluppi.
Le iniziali che hanno ispirato questo stile sono carolingie, e sono moltissimi i manoscritti carolingi che contengono questo tipo di iniziali, per avere un esempio dei quali basta sfogliare qualche esemplare fra i più noti. Un gran numero di questi manoscritti deve essere stato portato in Italia abbastanza presto: possiamo menzionare due testimoni che si trovavano certamente in Italia nel secolo XI, e che possono essere serviti da modello per i miniatori italiani del XII secolo: la Bibbia di S. Paolo fuori le mura a Roma e il Liber Canonum della Biblioteca Vallicelliana. Ma lo stile geometrico carolingio ha influenzato anche un buon numero di stili in Francia, Fiandre, Germania, Inghilterra e Spagna. Naturalmente gli influssi si fecero sentire in particolar modo in Italia, e tra i codici che ne costituiscono un esempio troviamo il Sacramentario di Warmondo (Ivrea, Biblioteca Capitolare, cod. 86), databile tra il 969 e il 1029. È probabile che i miniatori italiani abbiano utilizzato iniziali di varie epoche e provenienze, prese da codici appena portati in Italia o accumulati nelle grandi biblioteche; in ogni caso, poiché l’influenza carolingia è stata così massiccia a partire dal IX secolo, risulta difficile tracciare vere e proprie linee di discendenza.

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