lunedì 20 giugno 2011

Lo stile 'late geometrical' (7b)

(Garrison, Studies II, pp. 152-153)

Il primo dei quattro manoscritti è un Passionario atlantico non illustrato della Biblioteca Comunale di San Gimignano, cod. lat. 1. Si tratta in realtà di un codice di transizione e non late geometrical, e dovrebbe essere stato trattato tra i manoscritti toscani di transizione. Tuttavia, essendo un elemento importante a stabilire il gruppo volterrano, di cui tutti gli altri membri conosciuti sono late geometrical, è stato discusso a questo punto.
Il Passionario mostra una particolarità unica in una sorta di lunga etichetta posta orizzontalmente in basso a destra dal f. 176, lasciata specialmente nel ritaglio della pergamena e integrata al foglio, che porta una nota originale:
Gerardus qui cognominatur Mannarius pro salute anime sue atque uxoris sue fecit adiutorium libro isto solidos iiii per cam. Omnis hic legentes ut misericordiam imploretis divina gratia fidei subveniat sue.
Al f. 216, un’altra nota originale dice:
Beliarda Uberti uxor pro salute anime sue atque viri sui fecit adiutorium libro isto solidos vi per cam. Omnis hic legentes ut misericordiam imploretur divinam gratiam fidei subveniat sue.
L’identificazione dei personaggi citati potrebbe certamente datare il codice. Sfortunatamente è stato impossibile trovare citazioni di essi in altri lavori pubblicati.
Finché non si farà uno studio sull’agiologia di Volterra e di San Gimignano, sarà difficile attribuire il giusto significato alle celebrazioni di questo singolo Passionario. Tuttavia, si può dire che della tetrade toscana è presente solo s. Miniato. Per una localizzazione più precisa, gli indizi sembrano mescolati, fatto di per sé significativo di una località minore. S. Zenobio, di solito indicativo di Firenze, è presente (per l’influenza fiorentina nelle iniziali si veda in seguito); s. Prospero, in Toscana normalmente indicativo di Lucca, è anch’esso presente (si vedano le influenze lucchesi sulle iniziali). Ma probabilmente alcune indicazioni positive della fattura per San Gimignano è da ricavarsi dal fatto che, abbastanza inconsuetamente, sono celebrati due san Gimignano, quello di Modena il 31 gennaio e quello di Roma, figlio adottivo di s. Lucia, il 15 settembre (più frequentemente attestato il 16 settembre).
Il Passionario è stato copiato da diverse mani. Alcune hanno impiegato una carolina quasi pura: devono essersi formate nel primo quarto del XII secolo. Nelle altre c’è un accenno di riforma che ha pervaso il centro Italia dal 1125. Ma in altre, la riforma si fa sentire in maniera più forte: queste non si considerano normali fino al pieno secondo quarto. Molte mani, e specialmente dal quaternione che inizia al f. 49, mostrano la peculiare angolosità che si incontrerà negli altri membri del gruppo. Il tipo che ne risulta richiama in qualche modo il tipo sottile, cuneiforme di Lucca del secondo quarto del secolo, ma rimane da stabilire se questo è dovuto all’influenza lucchese e all’influenza delle scritture transalpine.
A fissare le generali affinità e il periodo del codice sono numerose iniziali geometriche di transizione con i riempimenti a nodo allungato, che è qui il tipo principale. Prese al di fuori del loro contesto, sarebbe impossibile distinguere molte di queste dalla loro controparte fiorentina in manoscritti come la Bibbia sessoriana o il Lezionario sessoriano, entrambi del tardo secondo quarto del secolo, cioè tra 1130 e 1150 (Roma, Biblioteca Nazionale, Sess. 3, 6) e più specificamente il S. Agostino di S. Croce, dell’inizio del terzo quarto (Biblioteca Laurenziana, S. Croce, Plut. 16 d. 5). La struttura complessiva, eccetto che per l’assenza degli sfondi aggettanti, è molto simile, come anche il fogliame degli interstizi. Dettagli come la formazione degli intrecci terminali, l’uso di teste animali, la maniera in cui sono eseguite, la divisione degli spazi tra i nodi nei riempimenti a nodo allungato in blocchi di diversi colori, e il nodo radiante negli scomparti curvi, sono identici.
Tuttavia, il Passionario preso nell’insieme rivela chiaramente la sua fattura non fiorentina. Alcuni dei riempimenti a nodo allungato sono di uno speciale disegno che non si trova a Firenze, i nodi sono complicati a formare ciò che in realtà sono sezioni di intrecci, e gli spazi tra uno e l’altro sono di un unico colore, alla maniera umbro-romana. Una deformazione come quella della B del f. 97v e della P del f. 100 non è concepibile a Firenze; con ogni probabilità rappresenta una sorta di virtuosismo provinciale. Più importanti sono gli altri tipi di iniziali che si ritrovano qui. Molte somigliano alle iniziali ottonizzanti e gallicizzanti di Lucca del secondo quarto del secolo, sia a barra piena che a barra vuota, come nelle C dei ff. 20v e 22, la P del f. 27v, la I del f. 32v, la S del f. 34, e molte altre. Ancora, non è certo se la presenza di queste iniziali tramanda l’influenza lucchese o l’uso di modelli transalpini. In ogni caso, una simile combinazione di stili delle iniziali non si trova nei manoscritti certamente fiorentini o pisani. Indica probabilmente uno scriptorium più picolo, più sottomesso all’uso indiscriminato di modelli esterni.
Infine, appaiono qua e là alcune iniziali calligrafiche - qui eseguite solo in inchiostro rosso - che sebbene già trovate occasionalmente nella Bibbia di S. Cecilia del tardo primo quarto del secolo, non sono divenute comuni fino al terzo quarto. In manoscritti toscani, probabilmente indicano una datazione vicina alla metà del secolo, o pochi anni dopo.  

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