giovedì 30 giugno 2011

Lo stile 'late geometrical' (9c)

(Garrison, Studies III, pp. 36-38)

Il secondo gruppo, che comprende tutti gli altri manoscritti, inclusi i maggiori, attesta l’avvento in città degli stili geometrico centro italiano a colore pieno e a barra piena, che dominavano dal 1125, e l’emergere, un po’ più tardi, di versioni distintive locali. Questi stili conquistarono Pistoia molto prima di Lucca, dove non sostituirono i locali stili gallicizzanti fino a poco prima della metà del secolo. La rinuncia anticipata di Pistoia è dovuta certamente a diversi fattori: i due più importanti sono evidenti: primo, gli stili antichi locali dipendenti largamente dagli esempi lucchesi, non divennero mai così fermamente radicati come gli stili lucchesi a Lucca. Inoltre non si svilupparono mai in maniera così uniforme e perfetta; la multiformità degli stili delle iniziali nei codici elencati sopra, le loro disparate fonti di ispirazione, è una loro caratteristica notevole. Secondariamente, nessuno dei primi scriptoria pistoiesi sembra aver avuto a disposizione tanti talenti per la decorazione dei manoscritti quanti erano invece disponibili a Lucca. Che ci fosse, infatti, una reale scarsità di miniatori è suggerito dal numero inusuale di codici del periodo ancora custoditi nell’Archivio Capitolare che mostrano spazi bianchi per iniziali che non furono mai eseguite. Sintomatico della stessa situazione è senza dubbio anche il cambiamento frequente di miniatori che si può osservare nei codici pistoiesi. In queste circostanze, è probabile che miniatori stranieri formati nell’Italia centrale, dove i nuovi stili erano già sorti, fossero stati chiamati presto, o che miniatori pistoiesi fossero andati altrove per formarsi.
Questo secondo grande gruppo deve a sua volta essere diviso in due sottogruppi, il primo comprendente i codici in cui domina lo stile delle iniziali standard centro italiane, il secondo in cui si osservano versioni locali, largamente late geometrical.
Il primo sottogruppo comprende sei codici certamente pistoiesi e due non certamente pistoiesi, tutti prodotti nella prima metà del secolo, in cui gli stili geometrici dell’Italia centrale di altri centri, sia early geometrical che di transizione, come anche lo stile a barra piena, appaiono in confronto non modificati. Meritano una breve considerazione qui: il più importante di essi, come verrà detto dopo, verrà trattato nel luogo cronologico appropriato nel Supplemento a questo studio.
I manoscritti che presentano iniziali early geometrical - e anche iniziali a barra piena di vario tipo - sono: 1) Pistoia, Arch. Capitolare, cod. 109, Opera varia di s. Isidoro; 2) Pistoia, Arch. Capitolare, cod. 156, un Antico Testamento frammentario, entrambi del primo quarto del secolo; 3) Pistoia, Arch. Capitolare, cod. 116, un Commentario al Pentateuco di Bruno di Segni, del secondo quarto. Da classificare come codici di transizione - con anche iniziali a barra piena - sono: 1) Prato, Roncioniana, Q.VIII.1, una Bibbia frammentaria, dell’inizio del secondo quarto; 2) Pistoia, Arch. Capitolare, cod. 157, un Commentario ai Salmi di s. Agostino, del tardo secondo quarto; 3) Pistoia, Arch. Capitolare, cod. 154, un Nuovo Testamento frammentario, della metà del secolo.
Gran parte delle iniziali early geometrical in questi codici sembra essere stata ispirata dai modelli umbro-romani, quelle di transizione dai modelli fiorentini. Caratteristiche sono le aberrazioni dovute all’imitazione degli stili centro italiani, aberrazioni che sebbene non abbastanza decisive per creare uno stile pistoiese autonomo, tuttavia servono a distinguere queste iniziali come pistoiesi. Anche più caratteristica è la inconscia mescolanza di stili in tutti i codici. In Pistoia 109 alcune delle prime iniziali disegnate si attardano con le nuove iniziali a colore pieno. Nel 156, vi sono iniziali early geometrical, in gran parte considerevolmente cambiate, a barra vuota di speciale disegno, a barra piena a perfino una iniziale di estrazione pre-carolingia. Prato Q.VIII.1, il più raffinato, presenta iniziali early geometrical di una qualche purezza, iniziali di transizione vicine a quelle fiorentine ma con dettagli riconoscibili come locali che le relaziona allo sviluppo pistoiese, così come anche le iniziali a barra piena rosse e gialle e verso la fine diverse anomalie. Pistoia 157 è anche più vicino allo sviluppo successivo, mostra iniziali di transizione fiorentine e anche late geometrical, motivi combinati con dettagli pistoiesi, e due iniziali a barra piena tipicamente pistoiesi. Pistoia 154 presenta diverse versioni originali del tipo di transizione, largamente ispirato alla decorazione fiorentina del periodo, e anche iniziali a barra piena tipicamente pistoiesi.
Il secondo sottogruppo comprende tutto il resto dei manoscritti: si tratta del gruppo che ci riguarda di più, perché in esso si può osservare l’emergere di una versione pistoiese più distintiva e importante degli stili geometrici centro italiani. Da considerare assieme a questi per diverse ragioni che diverranno palesi, come è stato detto, è il secondo volume del Passionario Casanatense cod. 719. Il sottogruppo comprende in tutto 16 codici, i dieci manoscritti maggiori elencati sopra e sei manoscritti minori che saranno aggiunti. Sono raggruppati insieme da tratti comuni in un aspetto o nell’altro e non possono non essere pistoiesi: come si è sviluppata questa certezza verrà detto qui di seguito.
Sei codici del sottogruppo si trovano ancora a Pistoia e a Prato: ed è ora certo, come è stato detto prcedentemente, dalla nota manoscritta all’inizio del Casanatense 719 che sei altri codici, Casanatense 716, 717, 718, 719, 720 e 721 si trovavano a Pistoia essendo stati acquistati là da papa Benedetto XIV nel 1744. Questo è un primo passo per legare i manoscritti alla città. L’agiologia nel Casanatense 716, 717, 718 e 719, nel Sacramentario Bodleiano, nel Roncioniano e negli Omeliari dell’Archivio Capitolare può affermare che i sette codici sono stati prodotti per l’uso pistoiese - i primi due e gli ultimi due probabilmente per la cattedrale, il quinto certamente per questa -, che la destinazione umbra precedentemente suggerita in questi Studies per il Casanatense 716 era erronea, come è stato spiegato, e che gli elementi fortemente lucchesi identificati precedentemente nell’agiologia del Passionario Casanatense codd. 718-719, possono essere ritenuti come influenze lucchesi particolarmente forti in una chiesa o in un monastero pistoiese, forse dovute alla presenza di monaci lucchesi, piuttosto che indicazioni di una destinazione lucchese.
Inoltre, dalle caratteristiche comuni della scrittura di quasi tutti i 16 codici, un sentore di un nuovo tipo inizia ad emergere, che potrebbe quasi certamente essere assunto come pistoiese. Notevoli interrelazioni tra le iniziali geometriche, a barra piena o calligrafiche sono da osservare in tutti i 16 codici, tranne due. Dalle caratteristiche comuni a quelle geometriche, un tipo speciale può essere descritto che è certamente accettabile come pistoiese. Inoltre, le miniature in tutti i codici illustrati eccetto il Casanatense 717, che potrebbe essere opera di un fiorentino, il Casanatense 716, 720-21, Roncioniana Q.VIII.2, e Paris lat. 1845, sono della stessa mano e possono come le iniziali che le accompagnano essere accettate come pistoiesi. È possibile che quelle del Casanatense 717 siano anch’esse pistoiesi, perché seppur differiscono dalle altre miniature pistoiesi, differiscono anche da quelle lucchesi, e anche se legate a quelle fiorentine differiscono sufficientemente da queste da permettere di ritenere che non siano fiorentine ma pistoiesi.
A contribuire all’accertamento è il fatto che 12 dei 16 manoscritti sono attualmente nella regione pistoiese, o sono noti per provenire da lì: è infatti oltre l’arco delle possibilità che un tal gruppo, che presenta così tante caratteristiche omogenee nell’agiologia, nelle scritture, nelle iniziali e nelle illustrazioni, sia stato portato da un altro luogo.
Le scritture di questo gruppo notevole possono essere viste qui brevemente e non menzionate nuovamente; questo semplificherà l’esposizione dei singoli manoscritti che seguiranno. In 15 dei 16 codici si trova lo stesso tipo generale. Questo tipo è fondamentalmente analogo al tipo middle geometrical di Firenze nel secondo e terzo quarto del secolo, presentando una simile rotondità nella forma delle lettere - probabilmente ascrivibile alle reminiscenze caroline - e una simile enfasi nei filetti. Ma molte di essere presentano allo stesso tempo una certa sottigliezza nell’aspetto, certamente da attribuire ad un taglio speciale della penna e a una particolare variazione della pressione, che ricorda la scrittura lucchese del primo e secondo quarto, e quasi certamente ne presagisce la conoscenza.
In queste somiglianze complessive, tuttavia, si può distinguere una stabile progressione. Il primo codice maggiore, Casanatense 719, del secondo quarto del secolo, che appartiene per le iniziali al primo gruppo ma per la scrittura al secondo, presenta mani che sono più leggere e più inclinate, meno regolari e meno stabili, e i primi tratti di r, s e f scendono sotto al rigo e la s diritta è largamente utilizzata. Sono particolarmente sottili e testimoniano abbastazna bene di quella che è ipotizzata qui come influenza lucchese. Qualcosa di simile si vede nel Sacramentario Bodleiano, così come in alcune delle mani nella prima Bibbia Casanatense. Anche se la scrittura in questi due codici si situa in qualche modo a parte rispetto al resto, mostrano tuttavia somiglianze nei dettagli delle forme, e sono particolarmente utili a legare questi due codici al resto.
Nell’ultimo codice, il Commentario parigino, probabilmente dell’ultimo quarto del secolo, la sottigliezza è scomparsa per lasciar posto ad una nuova pesantezza ben definita. In tutti i codici intermedi, Casanatense 718, 716-717, il Roncioniano e gli Omeliario dell’Archivio Capitolare, e i manoscritti minori come anche nella gran parte delle scritture della Bibbia Casanatense 720-721, il tipo si vede in forme più caratterizzate. Diverse mani ricorrono in questo codici, copisti identici hanno dominato nelle scritture. Se questa scrittura sia da considerare tipica della regione, o se sia semplicemente il segno di un singolo scriptorium, o di un gruppo di copisti, non è al presente certo. Il fatto che la scrittura di Corbolinus, un copista pistoiese che copiò una grande Bibbia nella regione fiorentina, sottoscrivendola e datandola al 1140, ora alla Laurenziana come Conv. Soppr. 630, sia molto simile a quella del Sacramentario Bodleiano, potrebbe essere ritenuto in favore della prima alternativa. Ma poiché Corbolinus potrebbe essersi formato nello stesso scriptorium dei copisti degli altri codici menzionati, il fatto non aiuta in realtà a districare la questione.

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